Sono passate due settimane da quella domenica 8 marzo in cui la maggior parte di noi ha davvero realizzato che era cambiato tutto.
Tutto come la libertà di decidere dove andare e quando. Tutto come la possibilità di vedere i nostri cari. Tutto come tutti i programmi che avevamo fatto a quel momento.
Saltati in un istante.
Quando penso che subito prima che tutto questo esplodesse pensavo “la prossima settimana vado dal parrucchiere” o “bisogna pensare alle vacanze estive” o “è tempo che mi metta a lavorare su quel post…” mi viene quasi da ridere, o da piangere a seconda dell’umore.
Tutti i nostri programmi sono saltati. Magari era solo il parrucchiere, magari era un viaggio che aspettavamo da tanto, magari era una visita medica importante, magari era qualcosa che avrebbe cambiato la nostra vita. E comunque è da rimandare. A quando? Chi lo sa.
Sentire di non poter scegliere, di non avere il controllo su quello che succederà… può essere davvero difficile da accettare.
Per me è stato ed è ancora difficilissimo. Lo è soprattutto quando mi concentro e passo in rassegna tutte le cose che sono fuori dal mio controllo in questo periodo… e sento la frustrazione, la rabbia e la tristezza che montano come un soufflé.
Solo che tutto quell’insopportabile grumo di sofferenza non è causato dall’assenza di controllo in sé, ma dal mio torturarmi in quel modo. Quando mi rendo conto di questo realizzo che non è vero che non abbiamo il controllo su niente.
Anche ora ci sono tante cose che possiamo scegliere.
Per esempio quanto esporci alle notizie, ai conteggi e alle previsioni in tv. O agli allarmismi e alla negatività di perfetti sconosciuti sui social.
Quanto stare vicini a chi vogliamo bene, usando i mille mezzi che abbiamo a disposizione.
Sta a noi decidere come trattare le persone che ci stanno accanto. Se comunicare come ci sentiamo e ascoltare come si sentono loro, o occuparci solo delle nostre frustrazioni.
Possiamo decidere come usare il tempo che abbiamo guadagnato.
E più di tutto, possiamo scegliere cosa dirci.
Perché quella vocina nella nostra testa che ci parla in continuazione non è un’inquilina molesta che non riusciamo a sfrattare… siamo sempre noi. E siamo noi a decidere cosa farle dire.
Dal mio punto di vista c’è parecchia differenza tra ripeterci continuamente “e se mi ammalo?”, “e se finisce la carta igienica nei supermercati?”, “e se la specie umana si estinguesse?” oppure scegliere di dirci “oggi sono qui” e “oggi voglio usare il mio tempo in questo modo” e “sono fortunata per quello che ho”.
Perché decidiamo noi quanto dare da mangiare alla paura.