E così, arrivata al momento di mettermi di impegno per avviare la mia nuova professione, mi ero di nuovo impantanata. A guardare bene, però, si trattava di un pantano un po’ diverso.
In passato non avevo idea di quello che volevo né di dove stavo andando. Quel pantano era come una palude avvolta in una nebbia fittissima, tipo il Nulla de “La Storia Infinita” o il nebbione di “Amarcord”, in cui sembrava che il mondo finisse e non ci fosse altro posto in cui andare.
Nell’ultimo anno e mezzo, invece, anche il mio pantano si era trasformato: era ancora una zona paludosa, piena di pozze fangose in cui si cadeva con facilità e da cui uscire era faticoso, ma adesso sapevo che c’era una fine.
Anche se non riuscivo a vederli bene, ero certa che quel secondo tipo di pantano aveva dei confini e sapevo anche cosa c’era oltre.
Oltre i confini di quel pantano c’era la vita che volevo, che avevo messo a fuoco con totale chiarezza il giorno in cui, durante il corso di coaching, avevamo realizzato il nostro “mandala” personale (come dire una rappresentazione grafica della nostra visione del futuro).
Quel giorno, mentre mi ripetevo “ma io non lo so cosa voglio” e “come faccio a rappresentare il mio futuro se non riesco a immaginarlo”, quasi senza accorgermene avevo composto il puzzle del futuro che desideravo. Un futuro che con gli occhi della razionalità non mi permettevo assolutamente di vedere.
Quindi l’obiettivo ce l’avevo… ma non riuscivo ancora a vedere come arrivarci.
Ogni tanto mi veniva in mente una strada. Di ciascuna parlavo – come mio solito – con almeno 10 persone e poi mi lasciavo sballottare tra le infinite varianti e alternative che queste mi suggerivano, perdendo di vista l’idea originaria che era venuta a me.
Il problema era che non riuscivo a distinguere quello che facevo perché ne ero convinta da quello che facevo per dare retta agli altri.
Era come guidare indossando degli occhiali con una gradazione diversa dalla mia: riuscivo bene o male a procedere, ma vedevo tutto distorto e appannato (e non mi sentivo per niente a mio agio!).
Finché, alla buon’ora, non mi si è acceso l’approccio scientifico: come avrei aiutato una cliente in una situazione come la mia? L’avrei aiutata a capire quali preconcetti e punti di vista limitanti bloccavano la sua capacità di vedere la strada da percorrere. E l’avrei aiutata a “smontarli” uno dopo l’altro, fino a trovare un paio di occhiali che le permettesse di vedere nitidamente.
Così ho cominciato a fare degli esperimenti. Obiettivo: cercare punti di vista diversi e allargare a gomitate la mia minuscola zona di comfort!
Per esempio:
- sono andata a un ritiro di meditazione vipassana seguendo il Nobile Silenzio per 7 giorni (senza avere mai meditato in vita mia) e… non sono scappata 😅
- mi sono iscritta a un corso di improvvisazione teatrale (io che da piccola mi vergognavo a recitare pure le poesie di Natale) dove ti alleni a vedere gli “errori” come opportunità per creare cose ancora migliori di quelle che avevi in mente
- sono andata a una batteria di eventi di networking e mi sono costretta ad attaccare bottone con più persone che potevo, cercando un modo per raccontarmi che mi facesse sentire a mio agio
- ho cominciato a confrontarmi sulle mie idee con più persone possibili (amici, vecchi colleghi e clienti, possibili partner, …) con l’obiettivo di arricchirle, e non più di demolirle
Tutti questi esperimenti sono serviti. Anche se, nel mentre, continuavo ad agire da impantanata e sembrava che non stessi combinando nulla, piano piano qualcosa cambiava.
Finché circa quattro mesi fa c’è stato un “click”. Mi sono accesa, come una lampadina. Un giorno ben preciso sono riuscita a vedere con chiarezza la strada che volevo percorrere e soprattutto a vederla possibile. E sono riuscita finalmente a darmi il permesso di fare a modo mio: non il più facile, non il più scontato, non quello che mi consigliavano in molti, ma quello che mi faceva felice quando ci pensavo. E mi sono detta pure che se avessi fallito… nel mentre avrei imparato talmente tante cose che mi sarei fatta venire un’altra idea.
Il bello è che come l’ho deciso… magia! La nebbia si è alzata, la paura è sbiadita e mi sono sentita come se mi fossi ritrovata.
E la prima cosa che ho fatto è stata fondare la Community Impantanate di successo!